Contro il Calcio moderno di Pierluigi Spagnolo

Contro il calcio moderno.
Dalle pay Tv agli stadi vuoti.
Pierluigi Spagnolo / Odoya Edizioni

"Football without the fans is nothing"John "Jock" Stein

Chi ha vissuto lo stadio inteso come luogo carico di pathos, come palestra in cui praticare l’amore monogamo, potente, irrazionale per la propria squadra di calcio, quel sentimento trasmesso dai propri padri in una sorta di battesimo e di pratica carnale con gli aspetti più intimi della vita: le sconfitte e le vittorie, le cadute e le rinascite, l’inquietudine, la gioia orgasmica e la depressione caspica, insomma, quel marasma che si ripete costante di domenica in domenica, di settimana in settimana, di anno in anno, “finché morte non ci separi” per citare uno dei cori ultras più famosi?
Chi si ricorda il rito delle code estive sotto il sole per fare l’abbonamento in curva o le file ai botteghini pochi minuti prima della partita per comprare il biglietto e dare il proprio sostegno alla squadra del cuore, incitando i giocatori per novanta minuti rigorosamente in piedi, senza timore per le condizioni meteo, per l’assenza di coperture, per i seggiolini lerci utilizzati solo nell’intervallo tra primo e secondo tempo magari per leggere il Supertifo o il free press della partita (in primavera fungeva da cappellino di carta per ripararsi dal sole) e per comprare le noccioline con il mitico caffè Borghetti mignon dall’inconfondibile tappo rosso?
E ancora: chi ha respirato l’odore carico di zolfo dei fumogeni e ha visto solo spezzoni di partita perché il vicino di gradinata era più alto o sventolava una bandiera?
Chi ha una certa familiarità con l’apprendistato di tifoso non può fare a meno di leggere l’ultimo libro di Pierluigi Spagnolo Contro il calcio moderno, pubblicato da Odoya durante la pandemia, nei giorni schizofrenici da lockdown e delle partite giocate a porte chiuse per il terrore che il virus dilagasse senza controllo, in un’atmosfera da romanzo distopico che è servita da pretesto per trasformare definitivamente il calcio in un fenomeno televisivo. 

Il libro di Spagnolo non si può liquidare alla stregua dello sfogo di un tifoso che assiste all’eutanasia del calcio. L’autore analizza le logiche politiche ed economiche che hanno portato allo smembramento di un mondo sportivo, agonistico, sociale e culturale per come lo abbiamo conosciuto e vissuto fino agli anni novanta, trasformandolo in un prodotto televisivo e di marketing da vendere a caro prezzo sterilizzandone l’anima pulsante, cioè i tifosi intesi come dodicesimo uomo in campo, come attori a modo loro (con cori, bandiere, tamburi, fumogeni) che sono sempre stati parte integrante dello spettacolo calcistico.

Spagnolo nel saggio si spinge oltre il contesto sportivo e invita a riflettere sulla natura più subdola di questo modello tutto consumo, sorveglianza e punizione (che sul piano strettamente repressivo i diversi governi di centrodestra e di centrosinistra hanno importato e mutuato dalla Thatcher), evidenziando la versatilità di questi provvedimenti in termini di sperimentazione sociale per la gestione dell’ordine pubblico e delle piazze.

Contro il calcio moderno merita di essere letto perché è un ottimo antidoto contro la manipolazione costante del pensiero unico televisivo che in questi ultimi anni ha prodotto un popolo privo di identità e di argomentazioni serie, pronto solo a farneticare “pensieri brodaglia” – per dirla alla Sartori – sui social network o nei talk-show, e perché mette in risalto la decadenza di un calcio privato del suo elemento vitale: la tradizione, cioè il senso di appartenenza ad una storia, ai colori sociali, ad una città, tutti quegli aspetti identitari di una comunità.  

Oscar Gianmarinaro – storico esponente del panorama Mods italiano, tifoso ultrà del Toro e cantante degli Statuto di Torino – nella prefazione del libro sintetizza la situazione attuale del calcio e delle curve ridotte a fake in questi termini:

"Il calcio come rito di popolo è stato cancellato. La persecuzione degli ultras e dei tifosi organizzati è complementare alla necessità  di rendere il pubblico un insieme di spettatori passivi o, meglio ancora, di abbonati alla Pay Tv.
È funzionale a propagandare la presunta efficienza repressiva delle forze dell’ordine che possono sperimentare forme di intervento sempre più coercitive, violente e arbitrarie, da proporre in seguito in situazioni di ordine pubblico più ampie".

Chi ha frequentato le curve e ha seguito la propria squadra del cuore assistendo alla partita in piedi, su quelle che gli inglesi chiamano terraces,  chi ha stretto amicizie durante una trasferta e magari ha anche contribuito al rito di una coreografia da sfoggiare orgogliosamente in occasione di una partita di cartello, avverte oggi un forte disagio di fronte alla mutazione genetica del calcio.

Spagnolo mette a fuoco l’elemento peggiore e fraudolento del potere economico che ha modificato e mortificato irreparabilmente quel rito laico che si ripeteva ogni domenica alla stessa ora, frutto di una fede che ha conosciuto il proprio apice negli anni settanta e ottanta, nel contesto storico dell’antagonismo contestatario di matrice politica e dell’irrequietezza giovanile. L’autore dà voce inoltre a quegli scrittori, sociologi ed esperti di controculture e sottoculture che da tempo denunciano il connubio che unisce gli apparati repressivi con gli interessi voraci delle “aziende” calcistiche, a loro volta condizionate dal marketing, dalle sponsorizzazioni sempre più invasive e dalle dinamiche perverse di ordine finanziario innescate dall’ascesa dei potentati arabi, americani e russi in un contesto storico ed economico sempre più globalizzato e instabile.

C’è la descrizione articolata della trasformazione identitaria del tifoso in sparring partner, in consumatore passivo privo di ogni legame autenticamente vivo con la propria squadra, manipolato dall’informazione mainstream e invitato a seguire la partita seduto sul divano di casa, magari durante il pranzo o ad ora di cena mentre ha ordinato la pizza a domicilio, con uno occhio alla partita e un altro allo smartphone, impigrito, distratto dai social e addomesticato a vivere la partita secondo un cortocircuito binario che impone da una parte il linguaggio politicamente corretto e, dall'altra, permette lo sfogatoio infantile agli ultras da tastiera, quella fauna multiforme che prima, durante e dopo lo svolgimento del match mette in scena un patetico teatrino dello scontro verbale fatto di insulti e segnalazioni sui social secondo le logiche del videogame. 

La copertina de "Contro il calcio moderno"- Odoya

Il libro non cade nella trappola retorica della nostalgia per gli anni ottanta come epoca d’oro del tifo organizzato e delle sottoculture; così come non interessa all’autore mettere a nudo le strategie farlocche del fair play finanziario, ma piuttosto mira a fare emergere l’insofferenza verso l’attuale contesto calcistico di milioni di tifosi traditi dalle società e stanchi di seguire squadre di calcio gestite come fossero prodotti da vendere al supermercato, tenute in piedi grazie alle manovre più o meno occulte delle plusvalenze, in gran parte soffocate dai debiti per far fronte alle cifre astronomiche richieste dai cosiddetti top-player, impegnati ad ostentare un’opulenza cafona attraverso i propri profili social per alimentare il gossip da dare in pasto ai giornalisti del settore.

Per attuare questo modello sono stati allontanati dallo stadio i tifosi più caldi, quelli più scomodi per il sistema, demonizzandoli agli occhi dell’opinione pubblica come soggetti non graditi, quindi estranei alla “sana” cultura sportiva, dipingendoli come orde di teppisti, facinorosi, delinquenti e socialmente pericolosi, deviati e devianti, procedendo in pochi anni alla “normalizzazione degli stadi” facendo ricorso alla tessera del tifoso, ai biglietti nominativi, al Daspo, ai divieti di circolazione, incrementando costantemente il costo dei biglietti, trasformando i calciatori in popstars anaffettive verso i propri sostenitori, pronti a cambiare la maglia a seconda dei desiderata dei procuratori e della consistenza dell’ingaggio. La deriva finanziaria del calcio ha fatto il resto, riducendo a poche squadre le possibilità di vittoria del campionato e delle Coppe europee per alimentare ulteriormente il circo mediatico che vede Davide ridotto ad un patetico sparring partner di Golia. 

Un panorama decisamente desolante confezionato a uso e consumo di un pubblico altospendente  che“meno militante, più orientato al consumo, predilige i flâneur, i turisti del pallone, con lo smartphone in mano, pronti a filmare e fotografare più che a incitare la squadra” (cito Spagnolo); uno scenario accolto con entusiasmo e parole di giubilo dai mass media e dai “turisti del calcio” perché pienamente funzionale alle regole del consumo terminale tipiche della società dello spettacolo.

Spagnolo lascia aperta una flebile speranza per la rinascita del calcio popolare, elencando le esperienze europee di azionariato, della nascita di network come Supporters in campo e di coinvolgimento diretto dei tifosi in progetti di gestione della squadra del cuore, con l’augurio che la bolla della tecnofinanza che ha ammorbato anche lo sport più bello del mondo scoppi e i tifosi possano tornare a vivere il calcio come fenomeno religioso.

Photo © Pexels Pixabay 67836

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  • Titolo: Contro Il calcio moderno.
  • Autore: Pierluigi Spagnolo
  • Editore: Odoya, 2020.
  • Cartaceo: euro 13,30 - Kindle: euro 9,99
  • Pagine: 190 p., ill. , Brossura
  • Genere: saggio
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